E’ vero. E’ la prima volta che in piena estate si riuniscono gli stati generalidelle imprese balneari.
E’ la prima volta, infatti, chel’industria del turismo balneareitaliano in piena estate minaccia di fermare la produzione dei servizi di ospitalità e di accoglienza turistica che sono il fiore all’occhiello in tutta Europa per il nostro Paese.
Insomma, per la prima volta si annuncia uno sciopero generale che rischia di paralizzare un economia diretta e un indotto che rappresentano quasi il 10 per cento del Pil della nostra nazione.
Uno sciopero non è mai qualcosa che si fa di buon grado. Anzi produce danni di immagine ed economici, diretti ed indiretti. Ma se si fa, se si decide di farlo, è perchè non c’è alternativa. Lo si fa quando non si avvia un confronto promesso ma mai realmente attuato.
E’ vero, infatti, che giovedi 05 luglio per la prima volta i Presidenti delle regioni - nel confermare e rafforzare la risoluzione del 26 giugno scorso approvata insieme a province e comuni- con fermezza chiedono al Governo di avviare un concreto confronto con la Commissione europea al fine di escludere dall’applicazione della direttiva servizi le concessioni demaniali marittime.
Con altrettanta risolutezza sollecitano il Governo ad avviare un confronto sui contenuti di provvedimenti in materia prima ancora di presentarli per le necessarie intese.
Esigono, inoltre,di “... chiarire alcune questioni pregiudiziali e di dare risposte ad alcune istanze finora rimaste prive di posizioni chiare e certe...”: insomma chiedono al Governo di recarsi in Europa passando per la porta principale e ponendo in modo ufficiale e senza sudditanza la questione della necessità di salvaguardare il turismo costiero italiano costituito dalle attuali aziende balneari.
Invocano che si superino quelle posizioni precostituite di cui si rendonocategorici interpreti i funzionari europei quando sentenziosamenteescludono, in assoluto, ogni possibilità di superare i principi europei della limitatezza delle risorse e della libertà di impianto di impresa.
Anche qui, pero’, sono vere altre due cose. A giorni , una volta concluso l’importante sondaggio messo in campo dai 646 sindaci delle città rivierasche italiane, il Sindaco Monticelli a nome dell’ A.N.C.I ci farà ufficialmente sapere che le coste italiane non sono una risorsa scarsa ma addirittura quasi il 75 per cento di esse non sono occupate da concessioni demaniali marittime. L’altra, la seconda, riguarda la dichiarazione delSottosegretario allo sviluppo economico resa nel corso dell’audizione presso la decima commissione – attività produttive - di Montecitorio in cui annuncia la possibilità di cercare di ottenere delle parziali deroghe alla stessa direttiva a cui l’Esecutivo sta lavorando.
Allora, in sistesi. Le regioni e gli enti locali in modo fermo chiedono all’esecutivo di non fare intese su provvedimenti normativi senza aver prima riaperto il tavolo delle trattative in europa sulla direttiva servizi e senza aver avviato un confronto con le istituzioni decentrate.
Adesso tocca a noi. E’ il momento dei sindacati e delle imprese balneari di fare la propria parte.
Giovedi 12 luglio a Roma, quando si riuniranno gli stati generali delle quattro sigle sindacali dei balneari italiani ( Sib Confcommercio, Cna Balneatori, Fiba Confeserecenti e Assobalneari Confindustria ), in assenza di una posizione chiara dell’esecutivo che garantisca un futuro certo alle attuali 30.000 piccole imprese balneari , sarà necessario assumere, senza se e senza ma, decisioni legittime ed adeguate che confermano lo stato di agitazione della categoria al fine di evitare la dissoluzione del sistema turistico costiero del nostro Stato.
Cristiano Tomei, Coordinatore nazionale C.N.A. balneatori